L’autonomia degli enti di categoria è un valore imprescindibile per il mondo dell’informazione italiana e, per questo, va salvaguardata.
La libertà e l’indipendenza della professione, costruite e consolidate nella lunga storia del giornalismo nazionale, sono minate oggi alle loro basi dalla epocale crisi che sta sconvolgendo il sistema editoriale e che negli ultimi 5 anni ha portato alla perdita di oltre 3 mila posti di lavoro contrattualizzati, pari a oltre il 15% della forza lavoro dipendente. Senza contare l’impatto altrettanto negativo sul mondo dei freelance divenuti l’anello sempre più debole della professione: mal pagati, mai pagati, sfruttati e utilizzati dalle testate giornalistiche come manovalanza a bassissimo costo.
In questo contesto, la classe politica italiana appare disattenta ai destini dell’informazione. Non solo l’informazione non è più considerata bene primario e baluardo della democrazia del nostro Paese, ma nemmeno è considerata settore industriale strategico.
L’emendamento inserito nel Decreto Crescita a salvaguardia-riforma dell’Inpgi, rappresenta un primo timido spiraglio a difesa dell’autonomia della professione. Il rischio di annessione dell’Inpgi nell’Inps significherebbe perdere l’autonomia economica del nostro ente previdenziale e, se aggiungiamo l’attacco all’autonomia professionale ventilato con le promesse di abolizione dell’Ordine, ecco chiaro il quadro di una parte del Governo che vuole “azzerare” e “zittire” il mondo del giornalismo.
L’emendamento, frutto anche dell’attenta azione diplomatica dei vertici della Federazione e dell’Inpgi, prevede il sostanziale blocco (seppur di soli tre mesi) del commissariamento dell’Ente previdenziale. Ma in esso il valore primario è rappresentato dallo spirito della norma di legge che vorrebbe garantire il futuro dell’ente ipotizzando concretamente -con un percorso cadenzato nel tempo e sostenuto da adeguati fondi- l’ingresso dei comunicatori nel nostro Istituto di previdenza.
Le Cassandre che anche al nostro interno parteggiavano per una nostra resa incondizionata all’Inps senza valutare gli effetti negativi che tale sciagurato passaggio potrebbe comportare per la nostra categoria (riforma drastica delle future pensioni e possibili interventi di riduzione su quelle già in essere) al momento sono state bloccate.
Stampa Democratica, anche in questo delicatissimo momento per la categoria si farà parte attiva per individuare le migliori soluzioni e gli interventi più consoni a tutela del nostro ente di previdenza, delle pensioni in essere, delle prospettive di pensionamento odierne e del futuro pensionistico dei più giovani.
Chi di noi è coinvolto negli organismi del mondo giornalistico sarà impegnato, a tutti i livelli, a stimolare e promuovere interventi a tutela dei colleghi. A partire proprio dalla salvaguardia dell’autonomia degli enti di categoria.
Ma Stampa Democratica nelle prossime settimane sarà impegnata anche a chiedere nuove politiche di sostegno al settore: che favoriscano la trasformazione del mondo dell’informazione nel segno della qualità, di un giornalismo ancor più indipendente e libero. Servono interventi che incentivino gli investimenti per il rilancio dell’industria dell’editoria, che portino al riequilibrio delle raccolte pubblicitarie (tra Tv e carta in particolare) e dei guadagni on-line (tra editori e grandi operatori del Web), che sostengano l’occupazione contrattualizzata. Interventi che passano dall’individuazione di nuovi fondi per il settore, dalle agevolazioni fiscali per gli investimenti e le assunzioni, da politiche culturali a partire dall’introduzione di percorsi di educazione all’informazione nelle scuole di ogni ordine e grado.
Vanno studiate politiche per fare emergere il sommerso, combattere la precarizzazione con l’approvazione di regole che tutelino l’equo compenso, liberino la professione dal peso delle querele bavaglio, valorizzino il pluralismo e l’innovazione tecnologica: temi che chiediamo siano inseriti al più presto nell’agenda del Governo.
Se il confronto con la politica e il Governo sarà concreto, libero da pregiudizi e da posizioni demagogiche sul primato del liberismo della rete, i giornalisti saranno sicuramente pronti a cogliere le sfide del futuro. In altro modo la categoria dovrà farsi carico di un’importante iniziativa di lotta a difesa non solo del proprio lavoro, ma del futuro del diritto dei cittadini all’informazione, così come indicato dai principi dalla nostra Costituzione.