di Paolo Perucchini
E’ un sindacato che si avvita su se stesso, quello che emerge dal Congresso di Riccione, concentrato più sul mantenimento di consolidate posizioni di potere interno, che aperto al confronto e al dibattito per un nuovo futuro del giornalismo.
Una Federazione della Stampa che comincia il suo nuovo mandato- 2023-2026 – spaccata, è infatti, a livello di rappresentanza, la più debole di sempre. Oggi a predominare sono i settarismi e l’esclusione: alla faccia della cultura dell’unitarietà, elemento fondativo della Fnsi stessa.
A distanza di una decina di giorni dalla chiusura delle assise di Riccione è doveroso fare il punto di quanto accaduto ma, soprattutto, delle prospettive che attendono il nostro sindacato.
COSTANTE: ALLA GUIDA DELLA FNSI IL SEGRETARIO PIÙ DEBOLE DEGLI ULTIMI 20 ANNI
Il dato assoluto è che la neo Segretaria generale, Alessandra Costante, è la meno rappresentativa della categoria degli ultimi 20 anni. Eletta con 196 voti, infatti, non supera la soglia delle 200 preferenze: ha fatto peggio anche di Franco Siddi, da lei e dalla sua componente considerato un esempio “negativo”, con i suoi 199 voti del primo mandato, a Castellaneta, nel 2007.
Di fatto, la nuova Segretaria comincia il suo governo con un terzo del congresso che non è dalla sua parte. E se la sua debolezza è evidente già solo contando le preferenze, il quadro peggiora se i voti vengono “pesati”.
Il nuovo corso, infatti, vede l’uscita dalla maggioranza federale delle tre maggiori regioni: la Lombardia (per i 4 quinti dei delegati), il Lazio (per circa il 60% dei delegati) e del Piemonte (la maggioranza dei professionali). In pratica, sono contrarie alla maggioranza uscita dal Congresso tutte le forze che governano queste tre regioni chiave, le quali rappresentano da sole oltre il 52% dei giornalisti professionali iscritti al sindacato. Quota che cresce tenuto conto di come la nuova segretaria non gode nemmeno dell’appoggio di Molise, oltre che di parte del Friuli Venezia Giulia, delle Marche, della Calabria e della Sicilia.
La Federazione, dunque, sarà nelle mani delle realtà medio-piccole della categoria -alle quali lo Statuto assegna più peso specifico che a quelle grandi- sostenute dall’Usigrai, che ha avuto in cambio il posto di Presidente per Vittorio di Trapani, ex segretario del sindacato del servizio pubblico televisivo.
IL CONGRESSO DI RICCIONE E I SUOI FALLIMENTI
Al Congresso di Riccione si sono materializzati i problemi e le divergenze che già si erano manifestati nella Federazione dall’anno scorso e molti episodi sono emblematici del clima che si è venuto a creare. Eccone alcuni.
Il grande assente, in Romagna, è stato il presidente uscente Beppe Giulietti. Gli impegni personali inderogabili non si discutono. Ma Giulietti negli ultimi 6 anni ha sempre saputo far pesare il suo “essere presente” negli appuntamenti che contano anche con un semplice messaggio, un video o una telefonata. Mancate a Riccione, dove nessun segno è arrivato da lui.
Presentissimi, invece, i toni polemici riservati dalla corrente dominante “Controcorrente” ai dissidenti sindacali: coloro, cioè, che chiedevano confronto, aperture e dialogo. Non un accenno critico, invece, verso editori e politici giunti in Romagna per la consueta passerella peraltro non di eccelso livello.
Infine, una “appropriazione indebita” e unilaterale del valore dell’antifascismo. Un principio sbandierato come identitario da Controcorrente, i cui esponenti hanno distribuito a destra e a manca patenti di antifascista o fascista a chi si schierava pro o contro di loro, con buona pace delle storie personali e delle reali convinzioni di ognuno. Respinti al mittente.
L’AVVIO DELLA GESTIONE PRIVATISTICA
Il Congresso si è chiuso in modo emblematico: la neo segretaria non ha fatto alcun discorso dopo l’elezione. Una cosa mai vista nella storia e nelle stagioni congressuali. Non una parola, a conferma di una concezione “privatistica” della Fnsi, le cui decisioni saranno verosimilmente prese da pochi senza condivisione né dibattito.
Nemmeno il presidente, eletto a notte alta dal Consiglio in coda al Congresso, ha avuto una parola per i presenti.
IL VALORE DEL CONFRONTO E IL SUPERAMENTO DELLE DIFFERENZE
Dal Congresso di Riccione però, giunge un dato importante e di prospettiva. La capacità della parte che rappresenta oltre la metà dei colleghi iscritti al sindacato di ritrovarsi per ripartire. Da Lombardia, Lazio, Piemonte, Molise e da altre parti d’Italia il messaggio lanciato è che se vogliamo cercare di salvare una professione e un settore delicato come quello dell’informazione, anche il sindacato deve cambiare. Per noi il metodo è l’apertura, il confronto e il dialogo. La disponibilità ad agire insieme è l’unico obiettivo che ci vede impegnati al fine di garantire ai colleghi una sponda sicura nei momenti difficili e un partner affidabile per garantire servizi di qualità a livello territoriale e nazionale.
E’ una filosofia e un agire reale che noi siamo disponibili a portare avanti con tutti coloro i quali vorranno mettersi in gioco senza prevaricare o escludere a priori. Solo così, con un metodo condiviso, si superano le correnti e si ridà vita al concetto di sindacato unico e unitario.