Siamo la corrente sindacale fondata nel 1978 da Walter Tobagi.
Il nostro motto è: Da una parte sola. Quella dei giornalisti. Vuol dire che non abbiamo tutori, partiti o potentati amici. Ci battiamo sempre per la professionalità, l’autonomia, la dignità del mestiere di giornalisti. Significa rifiuto di censure e autocensure, ma anche valorizzazione economica del lavoro giornalistico.
Il nostro programma
Meno male che il contratto c’è. Il contratto di lavoro è il fondamento del sindacato a del giornalismo. In questo 2014 l’ALG e la FNSI hanno dovuto lottare contro una serie di forze ostili che tentavano di cancellarlo. Quel disegno è stato sconfitto, anche pagando prezzi severi. Tra un anno e mezzo torneremo a scontrarci con le controparti per rinnovare gli accordi, a cominciare dalla lotta al precariato e dal riconoscimento di compensi dignitosi per il lavoro autonomo.
Articolo 18. Va difeso. Non ci convince il teorema che licenziando si creano più posti di lavoro. Ma non si possono certo dimenticare coloro che non hanno tutele. Occorrono interventi legislativi di giustizia sociale e il sindacato deve sollecitare la classe politica a intervenire concretamente.
Inpgi e Casagit. La previdenza autonoma di categoria e l’assistenza sanitaria autogovernata sono vitali per noi, le nostre famiglie, tanto più nella prospettiva degli anni a venire. Come si è già operato con l’ultimo contratto di lavoro, è d’obbligo mettere in atto una difesa attiva, che allontani il rischio di espropri e liquidazioni; sarebbero la premessa per una perdita di identità professionale, negativa non soltanto per noi, ma anche per il diritto dei cittadini ad una informazione libera.
Multimedialità. Non siamo nemici dell’innovazione e della sperimentazione di nuove mansioni suggerite dalla tecnologia. Ma diciamo no alla pretesa di farci abbandonare professionalità, qualità del lavoro e delle retribuzioni, come prezzo obbligato per sopravvivere. Le trasformazioni tecnologiche vanno programmate e contrattate, pena il declino della professione e la perdita di credibilità.
Retribuzione. I nemici del giornalismo autorevole, editori in testa, predicano che noi dovremmo accettare paghe sempre più ridotte, diritti sempre meno forti, come condizione per far rifiorire le aziende e il sistema dei media.
È un tentativo di indebolire i nostri contratti, per poi avere mano libera sui contenuti. Solo un giornalismo di buon livello potrà avere un futuro.
Uffici stampa. La legge 150 ha compiuto 14 anni e non trova ancora applicazione. Basta con il “ricatto” dei Confederali: il sindacato dei giornalisti esige dall’Aran l’applicazione del Contratto Fnsi nelle Pubbliche Amministrazioni.
Rai. Occorre una riforma che coinvolga tutti i giornalisti Rai nella creazione di un progetto editoriale condiviso. Non è possibile una riforma calata dall’alto che abbia come obiettivo il taglio lineare dei costi a discapito del servizio reso ai cittadini. Milano deve avere in Rai il peso che le tocca nel panorama complessivo dell’informazione.
Tv commerciale. Occorre seguire la riorganizzazione di Mediaset, lo sviluppo di Sky e La7, senza dimenticare l’emittenza regionale e locale schiacciata dalla crisi e dalle posizioni dominanti. Non è lecito lasciare in abbandono un patrimonio di pluralismo.
Giornalismo on line. Non ha senso criminalizzare la rete come se fosse responsabile della crisi degli altri media. Dobbiamo respingere il tentativo di trattare i colleghi impegnati in questo campo come figli di un giornalismo minore e di escluderli da un corretto accesso all’Ordine e a tutte le garanzie della professione.
Lavoro autonomo. Tendenze di mercato e trasformazioni tecnologiche, anche con l’accelerazione prodotta dalla crisi economica generale, allargano il campo del lavoro autonomo, a scapito dei tradizionali contratti da art. 1. Un primo passo in positivo si è compiuto con l’ultimo contratto. Le prossime scadenze dovranno portare a maggiori garanzie e a tutele più estese (retributive, e anche previdenziali e sanitarie).
Sindacato di servizi. L’Associazione Lombarda dei giornalisti ha già fatto parecchio, ma in questo campo dovrà investire di più. L’impegno è promuovere servizi nelle province in modo tale che i colleghi non siano “Milanodipendenti”. Ci sono esperienze avanzate in varie province, e con l’assistenza di Casagit, vanno estese e migliorate.
Modernizzare la Fnsi. Servono un Centro studi, un Osservatorio sulla professione e strutture che preparino i colleghi disposti a fare sindacato. Se mancano le risorse è necessario “fare squadra” utilizzando i saperi e le eccellenze di Inpgi, Casagit e Fondo di previdenza complementare.
Ordine dei giornalisti. Sì a un Ordine che rispecchi il giornalismo autentico. L’appartenenza ad un ordine professionale ha senso soltanto se premia chi ha fatto dell’informazione il proprio lavoro e quindi una scelta di vita. Dobbiamo sconfiggere sprechi, pletoricità degli organismi, burocratismi e lentezze. Respingiamo le mire irragionevoli di chi pensa all’Ordine come ad un concorrente del sindacato. Solo l’unione tra gli organismi di categoria, nella chiarezza e nel rispetto dei compiti di ciascuno, può dare forza ai nostri diritti e ai nostri interessi.
Scuole di giornalismo. Sono troppe, ne bastano due, una a Milano e l’altra a Perugia. In un momento così difficile occorre sospendere almeno due sessioni scolastiche così da permettere ai disoccupati la possibilità di rientro nelle redazioni.
Solidarietà. La crisi economica con i suoi riflessi sull’informazione sottopone tutti ad attacchi e difficoltà. Non dobbiamo cedere alle sirene dell’individualismo. Mors tua vita mea è una formula che non funziona: senza unità e solidarietà perderemmo tutti, e faremmo solo l’interesse di chi ci vuol male.