«Contestiamo il licenziamento della giornalista Alba Solaro, caporedattore di Marie Claire. Contestiamo le motivazioni addotte dall’azienda e ne denunciamo le modalità, irrispettose del contratto nazionale di lavoro. Non accettiamo l’utilizzo strumentale della Legge Fornero, laddove erano possibili altre soluzioni, condivise col sindacato. E per questo ci attiveremo per mobilitare la categoria». Così l’Associazione lombarda dei giornalisti, nel giorno della mobilitazione dei giornalisti dei periodici del gruppo Hearst a sostegno della collega e a difesa della libertà di informazione in Italia, commenta gli ultimi sviluppi della vicenda che vede protagonista Alba Solaro.
«Oggi si è consumato un altro atto della vicenda gruppo Hearst-Alba Solaro. In Dtl, a Milano, l’azienda ha confermato la sua intenzione di licenziare Alba, malgrado le giornate di scioperi e le iniziative messe in atto da Cdr di Hearst Marie Claire (HMC), Cdr di Hearst magazineItalia (HMI), Fnsi e Alg. Davanti allaDtl, un folto gruppo di giornalisti e di sindacalisti ha manifestato contro la decisione aziendale».
Da oggi dunque, Hearst può procedere al licenziamento di Alba Solaro: l’azienda infatti, durante gli incontri sindacali che hanno preceduto l’appuntamento in Dtl, ha mostrato una totale chiusura sia nei confronti di una gestione dell’“esubero” attraverso un ammortizzatore sociale a rotazione, che perfino attraverso una ricontrattazione con la collega della sua posizione contrattuale ed economica.
«È evidente che il licenziamento di Alba Solaro segna unasvolta senza ritorno nelle relazioni sindacali con il gruppo Hearst, in primis per la decisione di licenziare una giornalista attraverso la legge Fornero. In secondo luogo per le modalità con cui ha messo in atto questa intenzione: inviando una lettera di avvio della procedura alla collega il 29 dicembre, senza avere avvisato il Cdr (come previsto dal contratto), nemmeno in merito al cambiamento nell’organizzazione del lavoro, che a detta dell’azienda, doveva comportare la soppressione della figura del caporedattore centrale. Né, ci preme sottolinearlo, alcun avviso allacollega o al Cdr era stato dato dal direttore di Marie Claire, competente, per contratto a decidere delle scelte che riguardano la redazione».
Federazione nazionale della stampa e Associazione lombarda dei giornalisti manifestano con forza l’assoluta contrarietà al licenziamento e a questo mododi procedere adottato da un editore che prima di questo momento aveva sempre cercato e ottenuto il dialogo con le rappresentanze sindacali. «Una modalità inspiegabile, poco rispettosa delle relazioni sindacali e umane e assolutamente non giustificata dai motivi economici e organizzativi addotti dall’azienda», spiega l’Assostampa Lombarda.
Ma soprattutto, il sindacato regionale evidenzia come, con questo licenziamento, si ricorra a una legge, la “legge Fornero”, pericolosissima da usare nelle redazioni.
«Licenziare un giornalista, poterlo fare adducendo motivi economici e organizzativi che in realtà possono sottendere qualsiasi altra motivazione, è un pericolo enorme per la libera stampa e la democrazia di questo Paese. Non è un caso che la legge Fornero sia stata finora usata di più in altre categorie e quasi mai in quella dei giornalisti: il caporedattore mette un argine al dilagare della commistione notizie-pubblicità? Il redattore ha scritto qualcosa di sgradito a un politico o a una banca? L’inviato scopre qualcosa che dà fastidio agli amici dell’azienda o anche di un direttore compiacente? Basta “sopprimere” quella posizione “riorganizzando” la redazione e invocare un motivo economico oggi assai facile da sventolare e lo si può licenziare».
Turchia, Polonia, sono i casi più eclatanti di manovre contro la libertà di stampa. Ma non ci sono solo questi casi limite. «È un attacco alla libera informazione – conclude l’Alg – anche l’uso, nei confronti di una categoria delicata e fondamentale per la democrazia come quella dei giornalisti, di leggi che con la bandiera del mercato e della sostenibilità economica di fatto sottopongono tutti i colleghi a un ricatto latente. Gli editori non possono ignorarlo. Con scelte di questo tipo si assumono la responsabilità, scardinando il sistema delle relazioni sindacali finora seguito, di incidere sul diritto costituzionalmente garantito del cittadino alla libera informazione».