Stampa Democratica ritiene positiva l’approvazione quasi totale della riforma previdenziale varata dal Cda dell’Inpgi. Se c’è soddisfazione per il via libera – perché il nostro istituto previdenziale rimane sotto il controllo della categoria, non viene commissariato né viene sottoposto all’Inps – è evidente che la manovra riduce in maniera consistente le prestazioni e le coperture: in altre parole il Welfare e la protezione dei giornalisti. Allo stesso tempo si deve ribadire con chiarezza che la manovra non è colpa né dell’Inpgi, né della Fnsi come vorrebbe far credere qualcuno, ma del fatto che il settore produttivo editoriale ha visto una riduzione del 30% in pochi anni, una uscita dal mercato del lavoro di migliaia di colleghi e qualcosa come oltre 5.000 giornalisti fruiscono di ammortizzatori sociali, cioè un terzo degli assunti. Nessun sistema previdenziale può reggere senza il mantenimento o l’aumento dei lavoratori, il mantenimento o l’aumento reale dei redditi e senza una corretta proporzione fra attivi e pensionati.
È necessario spendere, però, alcune parole specifiche su alcuni punti per i quali, purtroppo, dai ministeri vigilanti o si è chiesto un intervento più deciso o è stato sospeso il giudizio chiedendo ulteriori approfondimenti.
La riforma prevedeva che si sarebbe andati in pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi con l’aggiunta dello scatto collegato all’aumento della vita media previsto nel 2019: in genere da uno a tre mesi. Così come si sarebbe potuti andare a regime in pensione di anzianità dal 2019 con 40 anni di contributi e 62 anni oltre allo scatto appunto del 2019. Era prevista una clausola che condizionava i successivi scatti all’approvazione del Cda: i ministeri hanno imposto la cancellazione della clausola. Questo può voler dire che, poiché la rivalutazione della vita media viene fatta ogni due anni, in 10 anni un giornalista potrebbe dover andare in pensione da un anno e mezzo a due o forse più anni dopo. È un danno enorme soprattutto perché in assenza di lavoro e già con l’età pensionabile aumentata il rischio di produrre centinaia se non migliaia di disoccupati è altissimo. Per questo motivo Stampa Democratica ritiene che Inpgi e Fnsi debbano proseguire il loro lavoro per fare capire al Governo la necessità di non aumentare automaticamente l’età pensionabile all’interno di un ripensamento complessivo della riforma Fornero, che tanti danni ha prodotto, e viste anche le specificità della nostra categoria.
Tema altrettanto importante sono le clausole di salvaguardia. Per fortuna in questo caso i ministeri hanno deciso di chiedere ulteriori elementi di precisazione e non di cancellare le clausole. Potrebbe essere che, a causa di impegni della Legge di Stabilità e per il referendum sulla riforma costituzionale, si tratti semplicemente di un approfondimento che i dirigenti non hanno potuto fare. Tuttavia qualunque sia la motivazione, Stampa Democratica, così come già fatto, insisterà affinché i ministeri capiscano l’importanza di tutelare i colleghi che non per colpa loro hanno firmato accordi aziendali per stati di crisi o sono in condizioni particolari e si adopererà affinché vengano individuate soluzioni reali che possano portare a tutela tutte queste delicate situazioni.
Riforma Inpgi: bene il sì dei ministeri. Ora si dia ok a clausole di salvaguardia
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